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Schengen: entrano altri nove Paesi, tra qualche "evviva", "se", "ma" e molto, molto... "sssht"
by Newropeans-Magazine
2008-01-03 10:00:51
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Da ragazzino, amavo le frontiere: passare la dogana mostrando la mia bella carta d'identità, avere in tasca monete straniere (che collezionavo)... Oggi, che ho un passaporto e viaggio più spesso e più lontano, le amo ancora, ma non sempre: le amo quando rappresentano la porta verso l'altro, verso qualcosa e qualcuno che non conosco o conosco come diversi da me e dalla mia realtà; mi danno fastidio quando rappresentano una porta chiusa, il sospetto, l'esclusione.

Che poi l'esclusione possa rappresentare anche - da un altro punto di vista - sicurezza è fuor di dubbio. Ma è un discorso complesso, che passa anche per la cooperazione...

In “Politica e dintorni”, oggi su Radio Sound e su Newropeans Magazine, mi preme soprattutto parlare dei nove paesi che ci hanno appena raggiunti nell'area Schengen: è successo la settimana scorsa, come al solito tra facili entusiasmi, mille dubbi, scetticismi e, soprattutto, un grande silenzio.

Quello stesso silenzio che ammanta l'Europa e tutto quello che la riguarda ormai da anni, e non è come il silenzio di una biblioteca o di una chiesa, nella quale chiunque può andarsi a riposare le orecchie e la mente dopo aver subìto il frastuono della nostra vita di tutti i giorni; no, sull'Europa pesa un silenzio angosciante, il silenzio di chi non sa cosa dire, da una parte, e il silenzio di chi non sa cosa chiedere, dall'altra.

E Schengen? È un altro esempio di politica europea nata dal successo di un'iniziativa non europea.

Quando, nel lontano 1985 e nell'altrettanto lontana cittadina lussemburghese, furono firmati gli accordi di Schengen, al tavolo c'erano solo Belgio, Francia, Olanda e Germania, oltre naturalmente al Lussemburgo. Perché? Semplicemente perché si era rivelato impossibile arrivare a un accordo tra tutti i Paesi della Comunità Economica Europea.

Poi entrò l'Italia nel 1990; Portogallo, Spagna e Grecia nel 1992; l'Austria nel 1995; nel 1996 entrarono anche i primi Paesi non-membri dell'UE (Norvegia e Islanda), e nel 2005, per referendum, anche la Svizzera ha deciso di far parte dello spazio Schengen, pur non essendo un Paese membro dell'Unione europea. Nel frattempo restano fuori Regno Unito e Irlanda, ma entrano tutti i nuovi Paesi membri dell'Unione europea, che sono obbligati a entrare: quelli che l'hanno fatto la scorsa settimana sono quasi tutti quelli entrati nell'UE nel 2004 - manca Cipro, che ha ancora qualche problemino da regolare con la parte nord dell'isola... -.

Insomma, l'iniziativa è partita un po' come Erasmus, o come l'Eurogruppo: non si trova subito un accordo? Bene, entra chi vuole e chi può, il resto dell'Europa faccio quello che vuole (poi, di solito, il resto dell'Europa finisce per adeguarsi). Sarà poco democratico, poco solidale, ma sembra che funzioni, come metodo. Sarà per questo che la Lombardia, per bocca del Presidente della Regione, ha appena proposto di procedere allo stesso modo in Italia, per lanciare finalmente il sistema federale. E speriamo che non porti a un federalismo alla spagnola, con le frontiere politico-linguistiche che vengono erette proprio mentre nel resto dell'Europa tendono a saltare. Dicevo che mi piacciono le frontiere: ma probabilmente, se fossi nato in Ungheria o nella Repubblica ceca, o anche in Polonia o in un Paese baltico, le odierei. E quanto più le odierei ora, se vivessi in un Paese dei Balcani occidentali: loro, le frontiere sono costretti a mantenerle. Sono fuori da Schengen, fuori dall'Unione europea. Ma non certo dall'Europa.

Perché restano fuori? Perché il principio di Schengen è chiaro: libera circolazione all'interno, aumento dei controlli - e della cooperazione - sulle frontiere esterne. E quei Paesi sono ancora lontani dagli standard europei.

I critici dicono che Schengen non garantisce abbastanza sicurezza all'interno, e ancor meno la garantirà ampliando a dismisura lo spazio “aperto”: soprattutto per l'immigrazione, perché un extracomunitario che atterri in un hub europeo - per esempio Malpensa finché resta hub -, ma sia diretto a un altro Paese dell'area Schengen - per esempio la Spagna - viene controllato nel primo Paese, e cioè in questo caso in Italia, ma sapendo che è diretto altrove i controlli rischiano di essere meno incisivi. E poi un clandestino sbarcato in Italia potrebbe, in teoria, salire su un treno o un'auto e varcare senza problemi la frontiera francese, e andare dove vuole... In teoria: l'ultima volta che ho preso il treno per la Francia, dove vivo (con un permesso di soggiorno) ho trovato un cordone di polizia alla stazione di Milano, per controllare i passeggeri in partenza; e poi, appena passata la frontiera, le autorità francesi hanno proceduto a un altro controllo dei passaporti. Mi sono chiesto cosa sarebbe successo se, confidando sul fatto di essere cittadino comunitario e dell'area Schengen, non avessi portato con me i documenti. Sinceramente non lo so.

Però mi dico che se i controlli teoricamente soppressi vengono re-istituiti sempre più spesso, vuol dire che qualche problema nell'applicazione del Trattato di Schengen ancora c'è.

E allora ci sono due alternative: rinunciare, o sperare che al più presto funzioni a pieno regime, soprattutto nella parte che riguarda la collaborazione tra polizie. Scelgo la seconda, anche se poi ho qualche resistenza su altri aspetti delle politiche europee per la sicurezza.

Discorso lungo, ne parleremo un'altra volta: per ora, do il benvenuto alla Polonia, all'Estonia, alla Lettonia, alla Lituania, all'Ungheria, a Malta, alla Slovenia, e all'ex Cecoslovacchia: Repubblica ceca e Slovacchia tornano, in effetti, ad avere le frontiere in comune. Più o meno, insomma.

Buone feste, e arrivederci al prossimo anno!
Diego Malcangi
Milano - Italia
NB: Se avete voglia (e avete la pazienza) di leggere il Trattato, ecco il testo

   
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Comments(2)
Get it off your chest
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Emanuel Paparella2008-01-03 10:43:06
Discorso questo non solo lungo e complesso ma anche schizofrenico. Le froentiere purtroppo resteranno sin quanto resta la xenofobia e la carenza di una genuina identità Europea, al di là di questioni di sicurezza che dopotutto esistono anche all’interno di ogni paese comunitario. Dico schizofrenico dacchè, come brevemente accennato in questo saggio, le frontiere sono come il recinto tra due case attigue: da un certo punto di vista il recinto non facilita la solidarietà, ma da un altro punto di vista facilita i buoni rapporti tra la gente che vive in tali case. A riguardo dell’identità Europea non dimentichiamo la famosa asserzione di Cavour: addesso che abbiamo fatto l’Italia rimane da fare gli Italiani. Dopotutto la situazione odierna non è molto dissimile: adesso che abbiamo fatto l’Europa Unita rimane da fare l’Europeo. Ma anche tale asserzione implica il paternalismo della burocrazia politica. Quel che rimane da fare da parte di ogni Europeo è di cercare quei valori comuni da tempo buttati via dalla finestra. Dacchè l’Europeo Medioevale aveva un’identità Europea anche quando non ne aveva una nazionale. Era conscio di certi valori culturali che lo accomunava ad altri Europei migliaia di chilometri distanti. Purtroppo, senza tali valori, le banche comuni, le partite di pallone comuni, l’esercito comune e le autostrade comuni contribuiranno ben poco all’identità Europea, con o senza frontiere.


Emanuel Paparella2008-01-03 11:02:40
Translation of the above:

Indeed, this is an issue that is not only complex but schizophrenic too. Borders will stay put in Europe till xenophobia remains alive together with a lack of a genuine European identity, beyond issues of security which after all exist internally too in every country. I say schizophrenic since as briefly hinted in this article, borders are like fences between two houses: they don’t facilitate solidarity, and yet they remain necessary to insure good relations between neighbors. Regarding cultural identity, let us not forget the famous assertion of Cavour regarding Italian unification: now that we have made Italy, we need to make the Italians. But looked closely this assertion reveals the paternalistic attitude of the elite political bureaucrat besides the misguided placint of the cart before the horse. What indeed remains to be accomplished is for each European to find those cultural values that have been neglected and even rejected. The Medieval European was well aware of those European values even when he had no national identity. He was conscious of certain cultural values which made him a neighbor to other Europeans thousands of miles away. I am afraid that unless those values are recovered, some European will continue to delude themselves that their identity lies in mere common soccer games, common banks, common armies or common highways.


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