Della morte di Enzo Biagi - uno dei grandi nomi del giornalismo italiano - si è parlato e stra-parlato, e quindi non è il caso che mi impegni anch'io nell'ennesimo peana o a tesserne le lodi.
Approfitto invece dello spazio che Radio Sound e Newropeans Magazine mi concedono per fare qualche ragionamento su forme secondo me malintese di libertà d'espressione, di libertà del giornalista e del giornalismo.
Il tema è stato affrontato in un dibattito dedicato a Biagi - e che del dibattito per la verità aveva poco, non essendoci nessuno che criticasse Biagi o che difendesse chi lo aveva voluto fuori dalla RAI -: si tratta di Annozero, la trasmissione condotta da Michele Santoro.

Il programma partiva già molto male perché, in una puntata che aveva a tema - o pretesto, approfittando della morte di Biagi - la libertà della stampa, era stato ritirato l'invito all'unico giornalista che avrebbe potuto assumere posizioni “non in linea”, e cioè Filippo Facci, de “Il Giornale”. Perché? Perché poche ore prima la dirigenza della RAI aveva pre-annunciato la presentazione di una querela nei suoi confronti, per via di un articolo decisamente aggressivo nei confronti della stessa RAI. L'articolo in questione era un breve commento in prima pagina, nel quale il giornalista proponeva addirittura la chiusura dell'emittente di Stato, definendola “una cloaca da ripulire” e- se non ricordo male - anche “il vero cancro del Paese”. Commenti decisamente offensivi, maleducati, ma se per ogni insulto si deve andare in tribunale... Peggio: se la denuncia contro un giornalista parte perché cinque parlamentari della maggioranza hanno chiesto un intervento, se dopo la denuncia si fanno strane argomentazioni per dire che chi ha problemi legali con la RAI non può apparire in nessuno dei suoi programmi...
No, perché questa argomentazione terrebbe, forse, se il programma fosse sull'argomento alla base della denuncia, mentre la considerazione fatta dalla RAI secondo la quale il denunciato non deve andare in trasmissione perché altrimenti si darebbe l'impressione che la RAI sia disposta a soprassedere sulla denuncia è ridicola, oltraggiosa, ed è qualcosa che comincia a farmi dire che Facci, sulla RAI, forse ha ragione.
D'altra parte, se consideriamo che il processo civile, in Italia, dura mediamente tredici anni, possiamo vedere come sia facile decretare l'ostracismo dalla televisione di stato per chiunque: basta denunciarlo. In teoria, se la RAI volesse essere certa di non dare mai lo spazio (previsto dalla legge) a un determinato politico, potrebbe querelarlo per una qualsiasi ragione, e il gioco sarebbe fatto. La cosa che mi stupisce è che il pur incolpevole Santoro, un sedicente campione della libertà di stampa e d'espressione, a un siffatto ordine abbia risposto “obbedisco”, cancellando l'invito al collega Facci.
Rivoltante. Rivoltante, poi, il modo in cui i giornalisti presenti - tutti grandi nomi del presente e passato RAI, e includo anche Mentana, da anni in Mediaset - si siano permessi di fare le verginelle e venirci a dire che i partiti devono togliere le loro mani dalla RAI: ma perché, sbaglio se ritengo che buona parte di loro sia entrata in RAI proprio grazie all'intervento dei partiti?
E poi ci hanno parlato dell' ”editto di Sofia”, di quando Berlusconi disse che Biagi, Luttazzi e Santoro avevano fatto “un uso criminoso della televisione pubblica”... Per carità, furono parole inappropriate da parte di un capo del Governo, addirittura disgustose.
Ma è davvero un delitto mandare in pensione un ragazzo di 82 anni? Perché Biagi aveva 82 anni, quando lasciò la RAI. E in trasmissione ci hanno raccontato che, poverino, la RAI era talmente casa sua che ci andava anche per guardare la partita: ma è proprio quello che non deve succedere! Non che uno non debba guardare la partita, intendo, ma che si debba “incrostare” nella RAI, che divenga inamovibile (tantopiù quando stra-pagato, come lo era Biagi).
Santoro, all'epoca della sua esclusione, ci ha fatto grandi discorsi sulla libertà d'espressione, e, invitato in un programma condotto da Celentano (sempre sulla RAI) disse, tra l'altro, “rivoglio il mio microfono”: ma perché “suo”?
Ma la libertà d'espressione non riguarda anche - o soprattutto - tutta quella stra-grande maggioranza che alla RAI non ha proprio accesso? Perché un giornalista privilegiato deve anche essere reso inamovibile? Concludo: Facci dice che la RAI deve essere chiusa. Io no, io allargo il problema alla quasi totalità delle televisioni pubbliche europee, chiedo la presa d'atto dell'avvenuta grave degenerazione nei contratti, nelle libertà e nelle produzioni. Sono televisioni che non sono libere, non fanno servizio pubblico e non fanno informazione. Ma invece di chiuderle, propongo - prendetela per una provocazione, se volete, oppure no -, propongo che si azzerino i contratti, e che d'ora in poi si facciano, per i giornalisti, solo contratti a termine. Due, tre anni, non immediatamente rinnovabili. Contratti a progetto. Quindi progetti. Spiacente, niente più posti fissi per giornalisti in RAI. Poi, si può anche stabilire a livello nazionale il diritto alla sospensione del contratto per il giornalista che già lavora in un'altra azienda ma per 2-3 anni passa in RAI. I rimedi si trovano, ma per la RAI, se non si fa qualcosa presto, non ci sarà più nessun rimedio.